Coreglia Antelminelli

Coreglia Antelminelli e il museo delle figurine di gesso

Claudia Tani


26/02/2020 | Experience

Nel cuore della Media Valle del Serchio, tra bellezze naturali e una storia ricca di tradizioni e sapori unici, si trova Coreglia. Famosa sin dalla seconda metà dell’Ottocento quale meta di villeggiatura estiva per un clima molto asciutto e salubre, questa piccola cittadina a pochi chilometri da Lucca è oggi annoverata nella lista de I Borghi più belli d’Italia.

Coreglia: cosa fare

Grazie ad una posizione privilegiata a metà strada tra la costa della riviera versiliese, l’entroterra e gli Appennini, Coreglia è la destinazione ideale per chi ama il trekking e le passeggiate a piedi nella natura.
Da qui infatti è facile raggiungere il Lago Santo Modenese o seguire quel tratto dell’antica Via Francigena che da Castelnuovo Garfagnana passa appunto dal centro cittadino per poi proseguire verso Bagni di Lucca, Borgo a Mozzano – dove si trova il famoso Ponte del Diavolo – la frazione di Diecimo e quindi giungere fino a Lucca.

Coreglia: Il Museo della Figurina di Gesso e dell’Emigrazione

Per coloro che invece volessero scoprire le tante, piccole meraviglie di questo splendido borgo, abbiamo organizzato per voi una visita guidata ad una delle sue attrazioni principali, il Museo della Figurina di Gesso e dell’Emigrazione, istituzione culturale unica nel suo genere.
Ubicato all’interno di Palazzo Vanni, il museo è stato istituito nel 1975 dall’Amministrazione comunale di Coreglia sulla base di tre motivi specifici.
Il primo di questi è strettamente legato all’importante fenomeno migratorio che ebbe luogo tra il 1700 e il 1900, basato proprio sulla vendita delle statuine di gesso.
Il secondo fattore è invece legato al significativo lascito che il Barone Carlo Vanni, famoso figurinaio, lasciò al paese nel 1915, mentre il terzo è riconducibile alle considerevoli donazioni di stampe e figurine – sempre fatte al Comune – da tutti gli eredi di quelle persone che nel corso dei secoli emigrarono in tutto il mondo per soddisfare le esigenze di tantissimi amatori ed acquirenti.
Ad oggi la collezione del museo conta di circa 1300 esemplari che testimoniano, per forma e colorazione, l’evoluzione che la manifattura del gesso ha subito dagli albori nel diciassettesimo secolo fino ad ora.
Tra questi, ci sono tanti pezzi rari e di pregio come una serie di gattini del 1700 anneriti con il fumo delle candele e un’originaria maschera di Camillo Benso Conte di Cavour. Lungo il percorso espositivo si possono poi ammirare riproduzioni di famosi personaggi della storia e della cultura di ogni tempo, come Napoleone e Garibaldi, Dante e Petrarca, ma anche protagonisti e personaggi dell’Antica Roma e della mitologia greca.
La vera importanza del Museo è quella però di rappresentare il punto di riferimento unico al mondo per tutti coloro che vogliono sapere quale sia stato il modo di essere e di organizzarsi dell’emigrazione del figurinaio nella storia: una sorta di laboratorio culturale e antropologico che da una parte studia e indaga la figura dell’umile ed intraprendente “girovago” che viaggiava da un continente all’altro, fabbricando e vendendo statuette di gesso e riportava in patria il frutto del suo duro lavoro, e dall’altra l’impatto che questo mestiere ha avuto su tutto il tessuto economico e sociale del territorio, contribuendo a fornire i presupposti per un’umanità più composita ed universale.


sapori della lunigiana - testaroli

I sapori della Lunigiana… tutti da scoprire e da gustare!

Claudia Tani


19/02/2020 | Experience

I sapori della Lunigiana: il territorio che vogliamo farvi scoprire oggi passa dalla gola, ancor prima che dagli occhi! Sì, perché se c’è un elemento che caratterizza questa terra aspra e coperta di boschi – oltre ai castelli maestosi e austeri che la dominano dall’alto delle sue alture – è una cucina tradizionale, fatta di sapori autentici e genuini, un ricettario antico di secoli che affonda le sue origini nella cultura contadina. Piatti dal gusto deciso e caratteristico, preparati con alimenti naturali e nutrienti, uno su tutti l’onnipresente farina di castagne, conosciuta sin dal Quattrocento come “il pan di Lunigiana”, che qui ha sempre rappresentato la fonte di sostentamento principale delle popolazioni povere di montagna. E se volete invece sapere qualcosa in più sulla storia, i borghi e i monumenti di questa terra, in questo articolo abbiamo individuato ben tre itinerari di scoperta territoriale.

Sapori della Lunigiana: il pane

Cominciamo quindi il nostro menù narrativo partendo dall’alimento principe di ogni tempo e luogo: il pane. La tradizione panificatrice della Lunigiana è talmente ricca e variegata che bisogna “gustarla” seguendo addirittura un elenco.

Il pane di Agnino

Per degustarlo bisogna per forza raggiungere il borgo da cui questo pane cotto a legna prende nome. Viene infatti prodotto unicamente nei due forni di Agnino (anche se è commercializzato presso alcuni negozi di alimentari di Fivizzano e Aulla). Si tratta di un pane rigorosamente cotto a legna, dalla forma rotonda che pesa circa 800 gr. La crosta, di colore nocciola scuro, è morbida e custodisce la parte interna che invece ha colore marrone chiaro. Perfetto per la tavola di tutti i giorni, noi vi consigliamo di tagliarlo a fettine sottili che tosterete per preparare la famosa zuppa con i fagioli di Bigliolo.

Il Pane di Po

Questo pane dalla forma rettangolare che pesa circa 800 grammi, viene prodotto a Fivizzano e si caratterizza per l’intenso profumo di cerali. Cotto a legna – poteva essere altrimenti? – è perfetto come pane da tavola. Da degustare con i salumi e i formaggi della zona – fra tutti, la spalla cotta di Filattiera o la caciotta della Lunigiana – e per preparare delle bruschette per accompagnare la zuppa di cipolle di Treschietto.

Il Pane di Vinca

Un pane importante, fragrante e dall’aroma inconfondibile che pesa oltre 2 chilogrammi e deve lievitare per ben 12 ore. Cotto a legna, è preparato unicamente con la farina e la crusca prodotte nel mulino locale. La sua preparazione segue ancora la ricetta originale antica di secoli.

Marocca di Casola

Quando intorno al 1450, lo speziale bagnonese Giovanni Antonio da Faye scriveva che le castagne fornivano i due terzi “del pan di Lunexana” sicuramente aveva in mente questo pane dal sapore unico, preparato ancora oggi mischiando il 70% di farina di castagna, il 30% di farina di grano e della patata lessa per garantirne la morbidezza. Se dovessimo consigliarvi un abbinamento ideale, scaldatene alcune fette per accompagnare il celeberrimo Lardo di Colonnata.

Sapori della Lunigiana: Testaroli e Panigacci

Se proprio dovessimo limitare a due i sapori della Lunigiana, questi sarebbero i Testaroli e i Panigacci.
I testaroli sono originari di Pontremoli e oggi rappresentano uno dei presidi Slow Food più importanti. Preparati unicamente con una pastella di acqua, sale e farina che mescolati, vengono cotti tra due testi ghisa nel forno a legna per alcuni minuti, quindi sono tagliati a listarelle e bolliti alcuni secondi. Perfetti con il pesto o semplicemente con olio di oliva e parmigiano.
I Panigacci sono invece originari di Podenzana. È qui infatti che ha sede il Consorzio che li tutela come prodotto unico. Sono anch’essi preparati con farina, acqua e sale, ma diversamente dai primi vengono cotti in teglie calde di terracotta. Ottimi con i salumi e formaggi della zona.

Sapori di Lunigiana: la torta d’erbi

Si prepara in primavera, quando è possibile raccogliere direttamente nei campi le erbe spontanee che vengono usate per prepararne la farcia: borragine, ortiche, cimi di rovi, primule, viole, luppolo, cimi di vitalba, radicchi di campo e finocchio selvatico. Se proprio volete seguire la ricetta originaria, questa torta va cotta nei testi di ghisa, con foglie di castagno usate in sostituzione dell’olio per impedire l’aderenza dell’impasto al testo.

Sapori di Lunigiana: l’agnello di Zeri

In provincia di Massa Carrara, nel territorio isolato di Zeri, viene da sempre allevata una razza ovina autoctona, la Zerasca, che ha caratteristiche uniche in virtù dell’isolamento della zona: una in particolare è il latte ricco di elementi nutritivi che viene utilizzato esclusivamente per allattare gli agnellini. Grazie a questa alimentazione, in aggiunta al pascolo totalmente biologico, la loro carne risulta molto tenera e profumata. La ricetta tradizionale vuole che l’agnello venga cotto al testo, in una pentola di ghisa bassa e larga, posta direttamente sulla brace ardente. L’agnello – presidio Slow Food – viene quindi insaporito con un battuto di lardo di Colonnata D.O.P, aglio, prezzemolo, rosmarino e salvia, accompagnato dalle saporite patate di montagna.


Baga e Castelveccio Pascoli

Barga e Castelvecchio Pascoli: alla scoperta della dimora del Pascoli

Claudia Tani


13/02/2020 | Experience

Prossima tappa Barga e Castelvecchio Pascoli! È vero, non siamo ancora fuori dall’inverno, ma la stagione primaverile sembra ormai alle porte: lo si percepisce dal cambiamento della luce del giorno, dalle temperature più miti. Le mimose nei giardini hanno cominciato a tingersi di giallo acceso e i primi bulbi nei prati stanno facendo capolino dopo il freddo invernale.
Le prossime settimane saranno testimoni del ritorno alla vita di Madre Natura: se state pensando di programmare un’escursione alla scoperta della Garfagnana e di uno fra i suoi borghi più significativi, Barga e Castelvecchio Pascoli, sappiate che non c’è periodo migliore dell’inizio della primavera.
Ci sarà infatti un motivo se proprio la Garfagnana è conosciuta anche come “Isola verde della Toscana”, non credete?
Vi abbiamo già raccontato come si svolge la nostra gita in questa cittadina unica della Lucchesia, annoverata tra Borghi più Belli d’Italia e inserita nella lista delle Bandiere Arancioni del Touring Club e in quella delle Città Slow. Adesso vogliamo farvi scoprire qualcosa in più delle sue storie centenarie, dei suoi monumenti, dei protagonisti che l’hanno abitata, delle leggende che l’hanno forgiata.

Barga e Castelvecchio Pascoli: Giovanni Pascoli e il Teatro dei Differenti

Poche altre città italiane sono così profondamente legate ad un personaggio della nostra cultura come lo sono Barga e Castelvecchio con Giovanni Pascoli. Non è solo l’appellativo di Castelvecchio – “Pascoli” appunto – a farcelo capire, ma è la vita stessa del grande poeta a dimostrarcelo.
Pascoli scelse infatti Barga come sua dimora di elezione. Visse qui 17 anni della sua vita e fu qui, il 26 novembre del 1911, precisamente al Teatro dei Differenti, che pronunciò la sua famosissima orazione civile “La grande proletaria si è mossa” a favore della Guerra Libica.
Sebbene la fama recente del teatro sia legata proprio a questo evento, la sua storia corre indietro nei secoli. Documenti storici riportano infatti che il 23 aprile del 1668 veniva costituita dai membri delle famiglie più importanti della città l’Accademia degli Indifferenti – ribattezzata dei Differenti pochi anni dopo – che realizzò nel 1689 un piccolo teatro di impianto ovale. Nel 1793, sotto la supervisione dell’architetto lucchese Michele Lippi, il teatro venne abbattuto e ricostruito per ampliarne la superficie e aumentare a tre l’ordine dei palchi. Oggi la struttura completamente ristrutturata a fine anni ‘90, conserva ancora intatte le caratteristiche settecentesche: tutte le decorazioni realizzate dal Cavalier Francesco Fontanesi – pittore e scenografo del teatrale noto al tempo in tutta Italia – sono state infatti recuperate e valorizzate.

Barga e Castelvecchio Pascoli: Casa Pascoli

Per coloro che però volessero approfondire il rapporto tra Pascoli e questo luogo, è immancabile una vista a Casa Pascoli a Castelvecchio, nemmeno 5 chilometri dal centro storico di Barga. La dimora settecentesca tanto amata dal poeta è oggi sede della Fondazione a lui intitolata ed è stata trasformata in un museo aperto al pubblico che conserva al suo interno ancora gli arredi originali e alcune delle sue opere più importanti. È nella cappella adiacente alla villa che Giovanni Pascoli volle essere seppellito dopo la sua morte, avvenuta a Bologna nel 1912.
Una curiosità: Pascoli decise di affittare la proprietà – di appartenenza della famiglia Cardosi-Carrara – per farne il suo buen retiro di campagna quando ancora insegnava a Livorno. La data scelta per il trasloco fu il 15 ottobre 1895. Una data assolutamente non casuale in quanto genetliaco del poeta Virgilio. In questo modo, Pascoli poneva sotto i migliori auspici la sua rinascita poetica, facendola combaciare con la data di nascita del Poeta per eccellenza, almeno secondo Dante.


Montalcino Benvenuto Brunello

Benvenuto Brunello! Anche quest’anno

Claudia Tani


29/01/2020 | Experience

Ci siamo, manca poco, anzi pochissimo: l’appuntamento di febbraio più atteso dagli estimatori del buon vino è ormai alle porte.
Sì, perché dal 21 al 24 febbraio torna a Montalcino, Benvenuto Brunello la manifestazione organizzata dal Consorzio del Vino Brunello di Montalcino per presentare al mercato la nuova annata del pregiato “nettare” di uve rosse che vengono coltivate in questa area del senese da centinaia di anni.
Quale occasione migliore quindi, per scoprire insieme a noi questo territorio così magico, ricco di storia, arte e cultura? Possiamo organizzarvi un tour anche di più giorni. I nostri driver saranno a vostra disposizione ovunque vogliate andare. E se desiderate conoscere tutti i segreti e le storie dei personaggi che hanno vissuto su queste terre e che ancora oggi continuano a produrre e a realizzare eccellenze enogastronomiche che tutto il mondo ci invidia, possiamo farvi accompagnare da una guida professionista.

 

Benvenuto Brunello: Montalcino e il successo del suo grande vino

Se qualcuno di voi si domandasse da quanto tempo le persone degustano il Brunello di Montalcino, sappia che la sua nascita ufficiale risale al 1800. In quel periodo infatti alcuni agricoltori della zona cominciarono a produrre una varietà di Sangiovese che veniva chiamata “Brunello” o “Brunellino”, un’uva molto pregiata perché capace di produrre vini rossi da lungo invecchiamento.
Pensate che esiste addirittura una prima relazione della commissione ampelografica della provincia di Siena che testimonia di un Brunello di più di 30 anni – 32 per l’esattezza, vendemmia 1843 – che si era mantenuto perfettamente intatto per tutto il tempo.
E se sempre qualcuno di voi si domandasse se questo vino che si celebra ogni anno da oltre 25 anni nella manifestazione “Benvenuto Brunello” ha un vero e proprio padre, beh possiamo sicuramente affermare che il suo nome era Clemente Santi: nel 1869 infatti il suo Vino Scelto – un Brunello a tutti gli effetti – della vendemmia 1865, fu premiato con medaglia d’argento dal Comizio Agrario di Montepulciano. Bisognerà però aspettare la seconda metà del Novecento perché il Brunello passi da prelibatezza destinata a pochi raffinati intenditori, a simbolo internazionale di quel made in Italy che tutti ci invidiamo. Dal 1966 – insieme ad altri sette vini – è tra i primi a ricevere la DOC e solo un anno dopo istituisce il suo consorzio. E nel 1980 è addirittura la prima DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) ad essere mai stata istituita. Tra i riconoscimenti più prestigiosi, c’è quello conferitogli dal prestigioso magazine statunitense “Wine Spectator” che nel 1999 inserisce un Brunello fra i 12 migliori vini del ventesimo secolo e nel 2006 lo incorona sul gradino più alto del podio mondiale.
Cosa poter aggiungere ancora? Benvenuto Brunello, sua maestà dei vini!


passeggiata di viareggio

Viareggio, la città del Carnevale. E non solo.

Claudia Tani


20/01/2020 | Experience

Ovunque in Italia e nel mondo quando dici Viareggio, la mente di chi ascolta immediatamente traduce Carnevale.
Ma cosa significa veramente essere la Città del Carnevale? E soprattutto, sarà vero che questa famosa cittadina affacciata sul mare, è solamente una parentesi effimera fatta di coriandoli, maschere ed enormi carri di cartapesta alti oltre 20 metri che sfilano baldanzosi sul Lungomare? Certamente no.
Sì, perché Viareggio nell’immaginario collettivo è anche mare e spiagge. È estate e villeggiatura, è lunghe passeggiate oziose per ammirare le vetrine delle boutique.
Eppure, questa meta turistica tra le più rinomate di tutta Italia non esaurisce i suoi tesori in stelle filanti e spiaggia dorata. E così, in occasione della 147° edizione dei Corsi Mascherati, vi portiamo alla scoperta del patrimonio storico, artistico e culturale della Perla del Tirreno. Era infatti questo l’appellativo che campeggiava su tutte le cartoline raffiguranti Viareggio, durante i ruggenti anni ’60 delle vacanze in Versilia.

Viareggio, la Passeggiata e il Liberty

L’itinerario alla scoperta di Viareggio comincia con la visita guidata a Villa Argentina. La villa è l’espressione più significativa del linguaggio modernista dell’intera Versilia. L’allestimento decorativo, formato da specchiature piastrellate di varie tipologie decorative e cromatiche, è una delle maggiori testimonianze di ceramiche destinate all’architettura disegnare dal famoso pittore, decoratore, grafico e ceramista Galileo Chini e prodotte dalle omonime Fornaci Chini di Borgo San Lorenzo.
Di seguito raggiungiamo Piazza Shelley, dove possiamo ammirare il monumento dedicato al famoso poeta inglese, morto nello specchio di mare davanti alla piazza durante una tempesta che capovolse la sua imbarcazione. Nei pressi della piazza troviamo la Residenza di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, oggi ospita diversi musei e mostre. Si prosegue verso la Darsena e il Canale Burlamacca, fulcro dell’antica Viareggio e luogo in cui possiamo scoprire i Cantieri Navali che sono una eccellenza a livello internazionale nel settore della nautica.
La visita si conclude con una passeggiata lungomare caratterizzato da numerose costruzioni in stile Liberty, tra i più illustri troviamo il Gran Caffè Margherita che ha avuto come suoi ospiti Guglielmo Marconi e Giacomo Puccini.
Dato il periodo carnevalizio, per chi fosse interessato, possiamo raggiungere la Cittadella per una visita al Museo del Carnevale e per una sbirciatina all’interno degli immensi hangar dei carri dove sicuramente vedremo i carristi intenti a perfezionare i giganti di cartapesta prima della prossima sfilata sul Lungomare.


Lucca, cuinta muraria

Mura di Lucca: da oltre 500 anni, emblema della città

Claudia Tani


13/01/2020 | Experience

Eccole le Mura di Lucca, la cinta muraria rinascimentale più importante di tutta Europa. Hanno da pochi anni compiuto mezzo millennio e per 5 secoli sono rimaste a difesa del capoluogo toscano e dei suoi tesori come il Duomo di San Martino, la Chiesa di San Frediano in Foro, la Torre Guinigi, Piazza Anfiteatro, anche se poi alla fine un vero assedio non lo hanno mai subito. Oggi, perfettamente conservate nei loro 4 chilometri di estensione (4.223 metri, per l’esattezza) rappresentano il “salotto buono” della città. Coronate da rigogliosi alberi secolari che svettano dai torrioni, offrono il percorso ideale per passeggiate a piedi o in bicicletta, per mantenersi in forma facendo jogging, ma soprattutto sono il luogo in cui ritrovarsi. Per osservare e farsi osservare.

Le Mura di Lucca, la storia

La visita a Lucca non può che cominciare con una passeggiata lungo le sue mura. La visuale che offrono sul centro storico è infatti impareggiabile. Non è un caso che i suoi abitanti parlino di “Lucca dentro” e “Lucca fuori”, ad indicare la preziosità del panorama cittadino che custodiscono.
Così come le apprezziamo oggi, le Mura di Lucca sono il risultato dei lavori di ricostruzione della vecchia cinta medievale cominciati nell’estate del 1513 all’indomani della caduta di Pisa, riconquistata dai fiorentini. Le nuove difese sconvolsero completamente l’urbanistica. Quello stesso anno, infatti si avviò la costruzione della cosiddetta “tagliata” che prevedeva l’abbattimento di tutti gli edifici esterni alla cinta compresi borghi, chiese, conventi: in pratica tutto ciò che poteva offrire riparo ad eventuali nemici. Vennero falciati persino vigneti e alberi da frutto. Gli anni che seguirono videro la realizzazione dei primi torrioni moderni agli angoli della cinta muraria medievale che a sua volta venne rinforzata con l’edificazione di terrapieni. Sarà solo nel 1544 che si comincerà a costruire nuove cortine e baluardi il cui completamento finale avverrà solamente nel 1650. Da Allora la cinta è rimasta immutata: articolata su dodici cortine e undici baluardi, non solo è il simbolo dell’identità culturale della città, ma è anche contenitore per la memoria storica del territorio.
L’unica occasione in cui le mura furono messe alla prova fu nel 1812, anno della disastrosa alluvione del Serchio. La città, infatti, si salvò dalla forza delle acque grazie alla tenuta delle mura e delle sue porte di accesso, che vennero rese stagne con l’aiuto di materassi e pagliericci. Si dice che Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone e allora principessa di Lucca, si fece issare con una carrucola per oltrepassare le mura ed entrare in città senza aprire le porte.

Da mezzo di difesa a passeggiata pedonale e palcoscenico naturale

Fu Maria Luisa di Borbone-Spagna (in carica dal 1815 al 1824) a trasformare le Mura di Lucca in grande parco pubblico. Questa nuovo ruolo della cinta ebbe un forte impatto anche su tutti gli spazi esterni antistanti che infatti vennero convertiti in grandissimi prati.
Oggi, oltre ad essere utilizzate per passeggiare e per fare attività fisica en plein air, nella bella stagione sono il palcoscenico ideale per spettacoli e manifestazioni fra tutti i concerti del Lucca Summer Festival e soprattutto, fungono da passerella per le sfilate di cosplayer durante il Lucca Comics & Games.


Statue stele lunigianesi

Statue Stele: il mistero preistorico più affascinante della Lunigiana

Claudia Tani


06/01/2020 | Experience

Una visita al Museo delle Statue Stele Lunigianesi, un tuffo in un passato remoto per scoprire il più antico e affascinante mistero di tutta la Lunigiana.

Statue Stele: le sculture antropomorfe preistoriche più significative di tutta Europa

Nella prestigiosa sede del Castello del Piagnaro di Pontremoli, in provincia di Massa, è custodito il più antico ed enigmatico tesoro di tutta la Lunigiana: una raccolta incredibile di sculture di pietra arenaria, risalenti all’età del rame e del ferro. Sono le Statue Stele, misteriose figure dalle caratteristiche antropomorfe realizzate dalle popolazioni preistoriche e protostoriche che hanno abitato la Val di Magra tra il III e il VI secolo a.C. La testimonianza più unica – ma sfuggente al tempo stesso – dell’intera civiltà megalitica europea.
Si tratta di personaggi maschili e femminili – i primi dotati di armi, le seconde abbellite da monili, rarissimamente riportanti iscrizioni – che sono stati rinvenuti circoscritti al solo territorio della Lunigiana Storica. Sebbene, il primo ritrovamento risalga addirittura al 1827, ancora oggi però rappresentano un mistero irrisolto. Duecento anni non sono bastati, infatti, per capire quale fosse la loro funzione.

Statue Stele: i grandi arcani della Lunigiana

Astratte, stilizzate, il risultato voluto di una precisa scelta stilistica: ma cosa rappresentano queste figure? Quale era il loro scopo ultimo? Possiamo solo dire che le Statue Stele sono monumenti che rispondono ad una qualche esigenza di culto. Ma che si tratti di idoli cosmici, di arcaiche divinità funerarie o della rappresentazione fattasi pietra dell’anima stessa dei defunti, questo purtroppo non c’è dato di sapere. E mistero nel mistero, il ritrovamento più numeroso di queste lastre sagomate e incise, destinate ad essere piantate verticalmente nel terreno, le ha rinvenute tutte in fila, per ordine d’altezza con il volto rivolto verso sud: una “scolaresca” rigorosa e ieratica, intenta a seguire per millenni il corso del sole.

Statue Stele: Gruppo A, B, C

Sembrano tutte uguali le Statue Stele, con i loro tratti somatici scolpiti in grafismi astratti (due forellini o due pastiglie rotonde per gli occhi, una linea verticale per il naso, due cerchietti incavati nelle orecchie). Eppure, nonostante la fissità remota nello sguardo che le accomuna, sono tutte diverse, uniche.
In base alla tipologia e alla datazione, gli archeologi le hanno suddivise in tre gruppi.
Il Gruppo A comprende le statue più arcaiche, la cui testa ha una forma a contorno semicircolare non distinta dal corpo; il Gruppo B – più evoluto rispetto all’A – include invece lastre maggiormente definite nei dettagli anatomici, con una netta distinzione della testa «a cappello di carabiniere» rispetto al tronco. Infine il Gruppo C comprende le sculture più recenti. Si tratta di statue stele caratterizzate da una rappresentazione più realistica della figura umana e da una lavorazione tridimensionale, quasi a tutto tondo.

L’allestimento museale

Recentemente rinnovato – l’inaugurazione è stata a giugno 2015 – l’allestimento museale del Castello del Piagnaro ci presenta un excursus espositivo suggestivo e scenografico, arricchito da molti contenuti multimediali. Serrate in ranghi o incastonate tra le grandi pietre squadrate delle mura millenarie, le statue stele sembrano conficcate nella terra nuda, proprio come erano piantate nel terreno delle radure boschive dove sono state rinvenute. La nostra guida vi racconterà di loro e della loro origine, delle popolazioni che le hanno realizzate, del fascino misterioso che le avvolge.


cooperativa scultri di carrara

Laboratori del marmo: una visita alla Cooperativa Scultori di Carrara

Claudia Tani


16/12/2019 | Experience

Visitare uno dei laboratori del marmo tra i più suggestivi, per osservare dal vero il lavoro di quattro giovani artigiani mentre realizzano le loro opere servendosi ancora di scalpelli e compassi, proprio come erano soliti fare Michelangelo e Canova. Un’escursione alla Cooperativa Scultori di Carrara è un tuffo in un passato senza tempo, in quella “maestria dell’oro bianco” che da secoli ci regala capolavori come il David, la Pietà, Amore e Psiche.

Laboratori del marmo: un saper fare innato

Il “senso del marmo” lo chiamano a Carrara, quel quid che si respira all’interno dei laboratori del marmo e che rende uniche le maestranze della tradizione artigiana più antica, distintiva e rinomata del capoluogo toscano. Un istinto genetico, quello di questi artisti-artigiani, che va dalla capacità di individuare la vena marmifera più promettente in seno alle cime delle Apuane, alla dote quasi mistica non solo di individuare all’interno del blocco la statua che cela, ma anche l’abilità di “liberarla” dalla roccia in eccesso: “ho visto un angelo nel marmo ed ho scolpito fino a liberarlo” come direbbe il Buonarroti.

Laboratori del marmo: visita o workshop

Si chiamano Riccardo, Raffaele, Diego e Andrea e sono i quattro scultori che il 23 dicembre del 2016 hanno aperto la loro Cooperativa all’interno del primo edificio per la lavorazione del marmo che William Walton costruì nel 1864 proprio nel cuore del distretto artigiano di Carrara. Vederli lavorare – anche se sarebbe più corretto dire “creare” – è una vera gioia per gli occhi. L’escursione che organizziamo presso il loro laboratorio dura solo poche ore, ma il tempo sembra volare, talmente è affascinante vederli operare seguendo le tecniche di scultura tradizionali di inizio ‘900.
Per coloro che invece volessero vivere un’esperienza più immersiva, abbiamo anche la possibilità di organizzare un workshop di più giorni per imparare i rudimenti della scultura.


Il presepe luminoso di Manarola

Presepe di Manarola: l’appuntamento più luminoso di Natale

Claudia Tani


02/12/2019 | Destinazioni

Manarola non è famosa solamente per essere una delle celebri Cinque Terre – meta turistica estiva tra le più visitate dell’intero globo – ma anche per ospitare ogni anno il presepe più grande e più illuminato del mondo: un’intera collina in cui 8 km di cavi e 17.000 lampadine accendono il Natale.

Presepe di Manarola: la costruzione

Quattromila metri quadrati tra vigneti e terrazzamenti a strapiombo sul mare della Liguria, che per le festività si trasformano nel presepe di Manarola. Si tratta di un caleidoscopico gioco di luci e colori che tra intrecci di cavi e lampadine, incornicia circa trecento personaggi della Natività.
Tutti i personaggi del presepe di Manarola sono a grandezza naturale e sono realizzati utilizzando materiali di scarto e di riciclo. Una scelta, quella del recupero, profondamente ispirata ai temi della povertà e della sobrietà, caratteristici proprio della tradizione cristiana delle origini. E dal 2008 il presepe è diventato anche ecologico, perché l’intera costruzione è alimentata da un impianto fotovoltaico.

Presepe di Manarola: la storia

Il progetto risale ormai ad oltre 40 anni fa. Era infatti il 1976 quando a Mario Andreoli, impiegato delle Ferrovie Italiane oggi in pensione, venne in mente di illuminare l’intera collina che sovrasta il borgo nel cuore delle Cinque Terre, dando il via alla realizzazione di questa ambiziosa costruzione. Oggi, dopo mezzo secolo, la notte invernale di Manarola continua ad illuminare il racconto della nascita di Gesù, del bue e dell’asinello, dell’arrivo dei pastori, della stella cometa e dei tre magi.

Presepe di Manarola: vieni a vederlo insieme a noi

Quest’anno il presepe si illuminerà dall’8 dicembre al 26 gennaio 2020. Come sempre ad ogni edizione, per celebrare il giorno dell’inaugurazione, è previsto uno spettacolo di fuochi d’artificio che renderà ancora più affascinante la già suggestiva atmosfera. Se anche voi volete essere i protagonisti di questo evento inaugurale o comunque non volete mancare l’occasione di ammirare il presepe, la nostra guida vi accompagnerà direttamente in uno dei punti osservazione più spettacolari: la cima del colle. Una salita di 320 scalini dalla piazza del paese, una piccola fatica che sarà sicuramente ricompensata dalla vista spettacolare sull’intera realizzazione.


Mercatini di Natale in Piazza della Repubblica a Cortona

Mercatini di Natale a Cortona: una gita natalizia in Val di Chiana

Claudia Tani


25/11/2019 | Tour NCC

Se fino a questo momento avete creduto che il periodo migliore dell’anno per scoprire Cortona sia la bella stagione, dovrete ricredervi! A dicembre infatti, il più importante centro turistico e culturale della Val di Chiana aretina si trasforma per abbracciare la magia delle feste ed ospitare i suoi famosi Mercatini di Natale. Perché non visitarli insieme a noi, senza preoccuparvi del traffico, del maltempo e dello stress della guida, ma semplicemente godervi l’atmosfera e un buon ristorante?

Mercatini di Natale a Cortona: le novità del 2019

Dall’6 dicembre al 6 gennaio, ogni angolo e vetrina del centro storico verrà infatti addobbato con preziose decorazioni, le strade saranno illuminate da bellissime luminarie, la musica riecheggerà nell’aria insieme ai profumi e agli aromi delle feste. Un’atmosfera unica e suggestiva che però non si esaurisce qui.
Le due piazze centrali della cittadina medievale – Piazza Signorelli e Piazza della Repubblica – accoglieranno infatti i famosi Mercatini di Natale: una ventina di piccole casette di legno dove acquistare tantissime tipologie di prodotti dell’enogastronomia locale e della tradizione natalizia, addobbi per l’albero e il presepe, e mille regali per i propri amici e familiari.
Un evento da condividere con tutta la famiglia, compresi i più piccoli che potranno consegnare la propria letterina dei desideri direttamente a Babbo Natale, nella sua casa eretta in Via Nazionale.
Tra le novità del calendario degli eventi collegato all’edizione 2019 dei Mercatini di Natale a Cortona c’è la rassegna canora organizzata dall’amministrazione cittadina e che si svolgerà tra la Chiesa di San Filippo la Chiesa di San Domenico.

Mercatini di Natale a Cortona: partecipa anche il territorio

Una gita ai Mercatini di Natale a Cortona rappresenta poi l’occasione ghiotta per esplorare il territorio circostante il bellissimo borgo. A circa 11 chilometri dal centro cittadino si trova infatti la pittoresca frazione di Pietraia. Qui, dal 1991 viene ospitato il Presepe Vivente con la sua Passeggiata Natalizia nel boschetto dietro la chiesa principale, che ogni edizione attira migliaia di visitatori. Novità di quest’anno (25, 26, 29 dicembre; 1 e 6 gennaio, dalle 17:30 alle 19:30) l’allestimento del mercato delle spezie e dei tessuti che si affianca alla carrellata delle botteghe dei vecchi mestieri, e la capanna della Natività vivente in Vicolo Buio.

Mercatini di Natale a Cortona: dove mangiare

E se vi siete già emozionati per la partenza ma siete un po’ timorosi per le libagioni, non preoccupatevi perché abbiamo selezionato per voi tre ristoranti dove potervi rifocillare dopo la passeggiata e lo shopping:

  • Osteria del Teatro, “ristorante tipico toscano, in grado di unire la tradizione di una cucina gustosa e genuina e una tecnica raffinata nella preparazione delle pietanze
  • La Bucaccia, “ristorante di cucina tipica toscana, specializzato in carni alla griglia e in altre tipicità del territorio come le grigliate di Chianina certificata IGP, i salumi di cinta senese e i formaggi
  • Taverna Pane e Vino, “ristorante nel centro storico di Cortona ricavato nelle cantine di un palazzo del 1300”.